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Le operazioni di Leveraged Buy Out e una breve digressione sul Private Equity

Una tecnica piuttosto diffusa di intervento nel capitale di una società da acquisire è quella del Leveraged Buy Out (LBO). Questo presuppone la costituzione di una società veicolo, il finanziamento della stessa con capitale proprio e debito, la successiva acquisizione di un’impresa obiettivo e la fusione per incorporazione delle due entità.

Il fine di questa architettura è quello di fare coincidere il rimborso del debito a suo tempo contratto dalla società veicolo, con la generazione da parte della società obiettivo dei flussi di cassa necessari al rimborso del finanziamento contratto per l’acquisizione.

La conclusione dell’operazione può avvenire mediante la modalità della fusione diretta (quando è la newco a incorporare la società target) o inversa (quando è la società target controllata che incorpora la newco controllante).

In base a quanto chiarito dal principio Oic 4 sulle fusioni e scissioni, le due modalità debbono condurre al medesimo risultato, in quanto sono alternative che sottendono il medesimo significato economico­-aziendale.

Il private equity si estrinseca attraverso l’intervento, da parte di un investitore (tipicamente un fondo, ma spesso anche un deal di investitori non formalizzato), nel capitale di rischio dell’impresa; È nell’ambito del private equity che le operazioni di LBO trovano più largo impiego.

Le operazioni di Leveraged Buy Out

Un Leveraged buy Out, generalmente indicato come LBO, è una transizione finanziaria in cui una società viene rilevata combinando capitale proprio e debito. Nell’ambito di un LBO una società può essere acquisita prendendo a prestito una quantità spesso elevata di liquidità per coprire il costo di acquisizione. L’acquisizione è quindi in larga parte finanziata dal debito beneficiando dell’effetto della leva finanziaria a un costo nettamente inferiore di quello di un’acquisizione tramite equity.

Aspetto fondamentale delle operazioni di LBO è la traslazione del debito sulla società acquisita, la quale rimborserà il debito attraverso i propri flussi di cassa. A garanzia del debito vengono generalmente offerti i cespiti o le azioni della stessa società target.

Generalmente gli LBO vengono definiti in base alla natura dell’acquirente e suddivisi in differenti categorie:

    1. il LMBO (Leveraged Management Buy Out) nel quale gli acquirenti sono dirigenti della società target;
    2. il LBI (Leveraged Buy In) nel quale gli acquirenti sono esterni alla società target;
    3. il BIMBO (Buy In Management Buy Out) dove al management della società target si affiancano investitori esterni;
    4. la LBU (Leveraged Built Up) operazione di ottimizzazione della struttura del capitale al fine di acquisire una società concorrente o operante in un business che si intende sviluppare.
    5. L’EBO (Employee Buy Out) nel quale sono i lavoratori che rilevano la società nella quale sono dipendenti.

Come Funziona un LBO

Il Leveraged Buy Out consente generalmente di acquisire una società a un costo minore rispetto al suo valore di mercato, e questo grazie all’utilizzo della leva finanziaria generata dal ribaltamento sulla società target del costo dell’indebitamento acceso per il suo acquisto.

Per procedere all’acquisizione viene fondata una nuova società (cosiddetta Newco), che fungerà da Società Veicolo per l’operazione, le cui fonti di finanziamento, a fronte dell’investimento che andrà fatto nella partecipazione nella società target, vengono generalmente strutturate nella maniera seguente:

    • equity;
    • debito junior o mezzanino;
    • debito senior.

Rispetto a fasi di mercato caratterizzate da un approccio più aggressivo, con una leva accentuata tale per cui l’equity si attestava al 20-30% e il debito al 70-80%, a seguito della crisi finanziaria del 2007 che ha portato al default di molte strutture per via di una componente del debito che non era sostenibile in quella situazione di mercato, assistiamo a una fase dove c’è molto più equilibrio fra le due componenti.

Per quanto riguarda il debito junior, questo è formato da una componente di debito vero e proprio, che è postergata rispetto al debito senior e quindi prevede una remunerazione superiore per via della maggiore rischiosità. Inoltre vi è una componente di equity, denominata equity kicker, che consiste in una sorta di opzione (o warrant) che consente al finanziatore di mutare il proprio status da quello di creditore a quello di azionista, con ciò dando la possibilità di raggiungere un rendimento più elevato, a fronte del maggiore rischio sopportato. Il debito senior è invece tradizionalmente erogato dalle banche commerciali che risultano attive nell’acquisition fi­nance di queste operazioni.

Chiaramente a un’impresa che deve essere oggetto di un LBO si richiede, oltre ai dati economico-finanziari precedentemente illustrati, un livello di indebitamento non eccessivo, anche perché l’acquirente, come visto, farà ricorso alla leva finanziaria nella strutturazione dell’acquisizione. Le risorse di cui la newco viene dotata saranno necessarie ad acquisire il controllo (spesso integrale) della società target.

Successivamente si procederà con la fusione (diretta, se la newco incorpora la società target; inversa, in caso contrario) delle due entità, per fare sì che i flussi di cassa generati (propri della società acquisita) necessari al rimborso del debito (che è stato invece contratto dalla società veicolo) vengano a coincidere. Da questo punto di vista, l’impresa ottimale per un LBO è quella in fase di maturità, con una generazione di cash flow stabile e cospicua tale da rendere agevole il rimborso del debito contratto per la sua acquisizione.

È altresì importante che essa operi in un settore dove non siano richiesti eccessivi investimenti, in quanto gli stessi comporterebbero un assorbimento notevole di cassa.

L’altro aspetto da tenere in considerazione è quello delle garanzie (cd. security package), che potranno essere rappresentate dalle azioni della società target e dai suoi asset (cespiti, magazzino ecc.).

Generalmente il momento più critico di un’operazione di LBO è proprio quello successivo al perfezionamento dell’operazione, perché solo ex post si potrà verificare la bontà delle previsioni che sono state fatte ex ante e quindi la capacità della società target, una volta acquisito il debito originariamente contratto dalla newco, di generare flussi di cassa adeguati al rimborso del medesimo.

Significato economico-­aziendale della fusione inversa rispetto alla modalità diretta

Sotto il profilo economico-aziendale, la scelta di optare per la fusione diretta o quella inversa deve condurre al medesimo risultato.

Questo principio basilare è stato ampiamente illustrato dal principio contabile Oic 4 relativo alle fusioni e scissioni.

In particolare, per quanto concerne la modalità di controllo totalitario della società target da parte della newco, che rappresenta poi quella più frequente nelle operazioni di LBO l’Organismo di contabilità ha enucleato una serie di considerazioni che di seguito, per comodità, sono riportate (non sempre integralmente):

    1. «Le azioni della controllata ­incorporante di cui la stessa viene in possesso a seguito della fusione è op­portuno che vengano assegnate ai soci della control­lante incorporata anziché essere annullate; ciò avver­rà, come ritenuto da dottrina e giurisprudenza, nella stessa proporzione in cui essi partecipavano al capi­ tale della controllante incorporata. Si avrà, di conse­guenza, una sostituzione delle azioni della control­lante­ incorporata, che vengono annullate, con le azioni della controllata incorporante e, pertanto, un vero e proprio concambio …»;
    2. «poiché la fusione diretta e la fusione inversa costi­tuiscono due modalità diverse della fusione per in­ corporazione e hanno un’identica disciplina giuridica e poiché gli effetti economici dell’operazione (anche in base al principio di prevalenza della sostanza sulla forma) non possono essere diversi, il complesso eco­nomico unificato dopo la fusione non può che avere lo stesso valore, sia che si effettui una incorporazione diretta o una incorporazione rovesciata»;
    3. «come è stato dimostrato dalla dottrina, sia che le azioni della controllata­ incorporante vengano utiliz­zate da quest’ultima per il concambio, sia che esse vengano considerate azioni proprie e annullate (con contestuale riduzione di capitale sociale e attribuzio­ne ai soci dell’incorporata delle nuove azioni dell’in­corporante emesse a seguito di un apposito aumento di capitale a servizio della fusione), il risultato finale in termini di valore del complesso aziendale unificato dopo la fusione non cambia. Su tali presupposti, i va­lori correnti delle attività e passività e il relativo av­viamento della controllata­ incorporante, che hanno determinato il prezzo di acquisto della partecipazio­ne totalitaria, comunque sussistono e quindi, se pos­sono essere fatti emergere nell’operazione di fusione diretta e nei limiti del disavanzo di fusione, possono essere fatti emergere anche nell’ipotesi della fusione inversa»;
    4. «l’obiezione, di parte della dottrina, relativa al fatto che con la fusione inversa non si ha la sostituzione del costo di una partecipazione­ bene di secondo gra­do, con le attività e passività beni di primo grado che essa rappresenta e che, di conseguenza, l’attribuzione a tali attività e passività di un costo sostenuto dalla controllante non potrebbe essere realizzata, non è rilevante …».

 L’Oic afferma quindi che, «In conclusione, nell’ipotesi principale di fusione inversa qui esaminata, il disavan­zo che si viene a creare, se sono presenti le condizioni previste al paragrafo 4.4.3.1, deve essere imputato alle attività e passività della società controllata­ incorporan­te e/o al suo avviamento».

Se sotto il profilo economico aziendale Fusione diretta e inversa devono portare ai medesimi risultati, la scelta tra l’una e l’altra formula per realizzare la fusione tra società veicolo e società target, va ricondotta a criteri di valutazione soggettiva o a considerazioni di convenienza commerciale o fiscale.

In linea generale, le motivazioni che sono alla base della scelta di operare una fusione inversa possono essere di ordine economico, finanziario, strategico e organizzativo. In particolare, oltre alle ragioni che accomunano tutte le operazioni di fusione, nella fusione inversa è possibile individuare le seguenti ulteriori motivazioni:

    • la volontà di conseguire ulteriori vantaggi giuridici/strategici (si pensi all’ipotesi in cui la controllata goda di un particolare status). Questo aspetto, ad esempio, è evidente quando:
    • la società partecipante è una holding non operativa priva di rapporti commerciali con terze economie o con il mercato di appartenenza delle proprie partecipate;
    • la partecipata è una società quotata e la partecipante (attraverso la fusione) può accedere al mercato dei capitali, ottenendo “implicitamente” la quotazione attraverso la negoziazione delle azioni dell’incorporante;
    • la possibilità di ridurre la catena partecipativa sostituendo alla società partecipante i soci della stessa nella partecipazione al capitale della società partecipata;
    • la necessità di conservare l’avviamento commerciale, unificando le imprese sotto la ragione o la denominazione sociale nota sul mercato delle società partecipate;
    • il conseguimento di benefici in termini di minori adempimenti amministrativi e organizzativi (quali, ad esempio, la numerosità delle comunicazioni a clienti e fornitori della partecipata, le volture di numerosi beni immobili e immobili registrati da trasferire all’incorporante, il subentro nei rapporti contrattuali e le trascrizioni ipotecarie e catastali, l’esistenza di licenze e autorizzazioni che vincolano l’estinzione della partecipata all’ottenimento del consenso da parte dell’organo che ha emesso l’autorizzazione o non consentono la trasferibilità ad altri soggetti).

Si può, quindi, affermare, stante anche il fatto che l’iter procedurale (delibera assembleare, progetto, atto) relativo all’operazione di fusione inversa è analogo a quello previsto per la fusione diretta, che la scelta degli organi amministrativi di presentare un progetto di fusione “diretta” piuttosto che “inversa” dipende per lo più:

    • dalle finalità proprie della concentrazione;
    • dalle eventuali difficoltà pratiche che dovessero contraddistinguere una modalità rispetto all’altra.

Il Private Equity

Il private equity è una forma di investimento di medio-lungo termine in imprese non quotate ad alto potenziale di sviluppo e crescita, effettuata prevalentemente da investitori istituzionali (tipicamente i fondi di private equity) con l’obiettivo di ottenere un guadagno in conto capitale all’atto della dismissione della partecipazione acquisita, attuabile mediante differenti canali e modalità, in un arco temporale di 5-7 anni.

Quindi l’obiettivo dell’investitore consiste nell’ingresso in azienda per finanziarne lo sviluppo e, mediante l’incremento di valore che si genera, realizzare una plusvalenza in fase di uscita.

Da questo punto di vista, la modalità di finanziamento operata dal private equity si pone come alternativa rispetto al classico canale bancario, rispondendo all’esigenza di un sistema finanziario orientato al mercato rispetto a un sistema finanziario orientato agli intermediari. Tale modalità, quindi, ha da sempre segnato il tentativo di orientare il sistema finanziario nostrano, che è tradizionalmente banco-centrico, verso soluzioni alternative di mercato.

Altro aspetto utile da mettere in risalto è il fatto che il finanziamento bancario è tipicamente una forma di indebitamento, mentre il private equity consiste in un intervento a livello di capitale di rischio.

Va poi detto che le operazioni di minoranza (cosiddette di growth equity) prevedono generalmente un mero aumento di capitale a servizio dello sviluppo dell’impresa, mentre sono solitamente quelle di sostituzione della maggioranza del capitale, che si configurano spesso secondo la modalità del Leveraged Buy Out, prevedendo il finanziamento dell’impresa tanto a titolo di debito, quanto di equity.

Caratteristiche dell’Impresa Obiettivo del Private Equity

Aspetto fondamentale di queste operazioni è, in ogni caso, l’individuazione delle caratteristiche dell’impresa tali per cui il fondo possa considerare attrattivo il proprio intervento.

Da questo punto di vista, è fondamentale considerare gli indicatori di performance e di business tali da rendere l’impresa, sia come track record storico, sia come prospettive future (desumibili dal suo busi­ness plan), interessante per l’intervento del fondo nei termini degli obiettivi di investimento e di perfor­mance di quest’ultimo.

Volendo sintetizzare in maniera estrema e quindi con tutte le limitazioni del caso, si guarderà alla redditività, attuale e prospettica, dell’impresa, che è testimoniata dal livello in valore assoluto del proprio EBITDA (Earning Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization). Questo indicatore, che nella prassi aziendalistica italiana coincide con il margine operativo lordo (Mol), rappresenta il risultato dell’attività caratteristica, prima degli ammortamenti e delle svalutazioni, che prescinde tanto dall’onere dell’indebitamento finanziario, quanto delle imposte di periodo.

Tale indicatore oltre tutto si fa particolarmente apprezzare dato che viene calcolato prima degli ammortamenti e degli accantonamenti di fine anno e, sotto questo profilo, quindi, rimane immune da quelle che possono essere le politiche di bilancio attuate dagli amministratori. Riscontra inoltre un notevole interesse anche presso gli analisti finanziari, in quanto, per come è costruito, rappresenta una buona approssimazione del flusso di cassa.

Al di là del suo valore assoluto, può essere utile rapportare l’EBITDA al fatturato, determinando il cosiddetto “EBITDA Margin”. Esso dipende in generale dalle caratteristiche del settore in cui l’impresa opera, che può presentare maggiori o minori tassi di redditività, nonché dalla specifica condizione dell’impresa rispetto ai propri competitors. In linea di massima, tale rapporto suscita un certo interesse nell’investitore quando è superiore al 10%. Quanto più elevato sarà questo margine, tanto maggiore sarà l’interesse del fondo e verosimilmente il multiplo di mercato che potrà essere riconosciuto ai fini della valorizzazione dell’impresa.

L’altro indicatore chiave è dato dalla Posizione Finanziaria Netta (PFN), che rappresenta l’indebitamento finanziario dell’impresa, considerati i debiti verso le banche e il sistema finanziario in genere (per esempio, obbligazioni, leasing, minibond ecc.) al netto della cassa attiva di cui essa dispone.

Sia l’EBITDA, sia la PFN sono indicatori cruciali quando si valuta l’impresa con il metodo dei multipli di mercato, tradizionalmente utilizzato nelle operazioni di private equity.

Accanto ai dati di performance, l’altro aspetto molto importante e talvolta critico è la predisposizione aziendale all’apertura che l’intervento di un fondo di private equity richiede. Sotto questo profilo, fonte sovente di notevole conflittualità sono le modifiche in tema di governance che il fondo impone, in quanto lo stesso di solito agisce nei seguenti ambiti:

    • la richiesta di uno o più esponenti a livello di organo amministrativo;
    • la richiesta di un esponente nell’organo di controllo, spesso coincidente con la figura del presidente del collegio sindacale;
    • l’affidamento della revisione legale a una primaria società di revisione;
    • la nomina del CEO (Chief Executive Officer) e/o del CFO (Chief Financial Officer).

Vantaggi e criticità del LBO

Grazie all’impiego di meccanismi di LBO è possibile acquisire una società utilizzando le risorse di quest’ultima per completarne l’acquisizione. In buona sostanza si ricorre ad un meccanismo di indebitamento derivante da finanziamenti, appositamente commisurato sulle caratteristiche di bilancio della società da acquisire.

Successivamente sarà possibile estinguere l’obbligazione impiegando risorse della stessa società acquisita.

Ciò, di fatto, significa che l’acquirente ha investito solo una parte del reale valore della società acquisita poiché la restante è versata dalla stessa società obiettivo.

È possibile individuare alcuni dei molteplici vantaggi derivanti dall’impiego di queste operazioni:

    • Riduzione dei costi grazie alle sinergie e ai rapporti che vengono a crearsi;
    • Aumento delle capacità di credito dell’investitore;
    • Valorizzazione dell’imprenditorialità dei manager, con conseguente aumento di valore dell’azienda.

Il successo di tale operazione dipende da diversi fattori. In generale la redditività della controllata è la condizione essenziale, affinché la holding possa saldare i debiti contratti per il suo acquisto. Infatti, il successo dipende dalla forza di mercato dell’azienda Target: in generale, gli LBO funzionano quando l’azienda acquisita è matura, affronta una concorrenza relativamente limitata o ha vantaggi comparativi che possono garantire la sostenibilità della sua attività.

Il LBO può essere una soluzione di capitale da considerare in caso di acquisizione da parte di dirigenti e dipendenti dell’azienda che non dispongono di mezzi finanziari sufficienti per un’acquisizione tradizionale. E in generale è la strategia preferenziale per i fondi di Private Equity che intendono introdursi nel capitale di una società obiettivo con una quota maggioritaria o di controllo.

Conclusioni

 In sintesi, questa strategia può essere appropriata per un acquirente che non è in grado o non vuole utilizzare una quantità significativa di capitale proprio.

Grazie al Leveraged Buy-out una società acquirente può acquistare un’azienda molto più grande, facendo leva su una parte relativamente piccola del proprio patrimonio.

Presupposti essenziali per questo tipo di operazione sono, da un lato, la buona salute finanziaria della futura controllata e, dall’altro, che gli investitori abbiano sufficiente credibilità per ottenere il sostegno di banche e investitori che possono finanziare l’operazione.

È in ogni caso necessario che l’azienda o l’entità acquisita sia redditizia e in crescita, in grado di produrre “cassa”.

Le società acquirenti si rivolgono tipicamente a realtà mature, in settori consolidati, piuttosto che a settori nascenti o più speculativi. I migliori candidati per operazioni di LBO presentano in genere flussi di cassa operativi solidi e affidabili, linee di prodotto consolidate, team di gestione forti e strategie di uscita praticabili che consentono all’acquirente di realizzare profitti.


Dott. Andrea Tiozzo Netti – Team Partner Veneto
Manager a Tempo® | CFO
Manager a Tempo® | CONTROLLER

www.manageratempo.com

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Autore: Stefano Moro
Pubblicato il 02 / 10 / 23
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