Inclusività negli ambienti di lavoro: Diversity Management, azioni positive e
compliance normativa
“Diversità è essere invitati alla festa, inclusione è essere invitati a ballare”: con questa celebre frase di Verna Myers, Inclusion Strategist e attivista americana, viene trasferito in maniera metaforica – ma molto efficace – come la diversità sia un dato di fatto, mentre quella di rendere un ambiente davvero inclusivo per tutte le persone che ne fanno parte sia una scelta intenzionale e che si posiziona in una direzione ben precisa.
Il tema dell’inclusione è ormai da qualche anno entrato a far parte della rosa di argomenti trattati nelle conversazioni a livello manageriale, percependo sempre in maniera maggiore come assumere un approccio valorizzante nei confronti delle diversità nei contesti aziendali, apporti un grande valore in termini di clima e di benessere della popolazione aziendale, oltre che di compliance rispetto a normative nazionali ed europee.
Interessarsi e interrogarsi rispetto a queste tematiche significa, per un’azienda, dimostrare innanzitutto di avere contezza sia dei processi che informano, trasformano e muovono la nostra società (si pensi, ad esempio, ai processi di globalizzazione, ma anche a cambiamenti demografici, ai fenomeni migratori sempre più in crescita, alla progressiva evoluzione tecnologica), sia degli effetti prodotti da tali mutamenti in termini di innovazione e adattamento delle normative rispetto a tutti quei diritti che vengono identificati, riconosciuti e tutelati. Di pari passo, le azioni che le aziende decidono di intraprendere non possono non tenere in considerazione la fortissima attenzione e cura che il target di clientela di riferimento dedica nel rivolgersi a realtà strutturate secondo nuovi modelli di business che si impegnino a rispettare i parametri di Corporate Social Responsibility (Responsabilità Sociale d’Impresa) e che informino il loro design thinking intorno al concetto di accessibilità e inclusività dei beni e servizi che offrono.
Che cosa si intende per Diversity and Inclusion in ambito aziendale?
Quando si parla di D&I, ciò di cui si parla è garantire visibilità e legittimità a tutte le diversità presenti in un determinato contesto e della possibilità di creare un ambiente sicuro, che consenta la piena espressione di tali diversità, nell’ottica di rendere i nostri ambienti di lavoro degli spazi accoglienti e all’interno dei quali non vengano posti in essere comportamenti discriminatori. Partendo dall’assodato presupposto che ogni persona presenti caratteristiche, storie, esperienze e culture molto diverse tra loro, è possibile individuare – a livello di categorizzazione teorica – alcune diversità immediatamente visibili (pensiamo, ad esempio, all’età, all’etnia, all’espressione di genere), mentre altre di cui si viene a conoscenza solo se condivise (come possono essere il grado di istruzione, l’orientamento sessuale, il panorama di esperienze lavorative, la confessione religiosa a cui si aderisce). Progettare e pianificare azioni e buone pratiche per rendere un posto di lavoro inclusivo vuol dire creare un ambiente in cui ogni diversità non solo può essere resa visibile, ma anche valorizzata appieno.
Perché implementare questo tipo di azioni all’interno di un’impresa?
Come anticipato, le ragioni che potrebbero guidare un’azienda nell’assumersi la responsabilità di mettere in pratica azioni e progetti finalizzate a prevenire situazioni discriminatorie e a promuovere una cultura dell’inclusione possono essere di diversa natura, ma risultano – nel quadro complessivo – complementari tra loro.
Per primo, troviamo la compliance rispetto a normative nazionali e internazionali: già nel nostro dettato costituzionale si trova infatti, all’articolo 3, l’affermazione di un principio di uguaglianza e non discriminazione, sia dal punto di vista formale (statuendo l’uguaglianza di tutte le persone con cittadinanza italiana senza operare distinzioni rispetto alle loro caratteristiche personali), sia dal punto di vista sostanziale (viene infatti stabilito che lo Stato si impegna nella rimozione di tutti quei fattori che possano ostacolare la piena parità). Oltre alle fonti normative italiane, il posizionamento delle istituzioni europee rispetto alle tematiche di non discriminazione è molto chiaro: già con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea è diventata giuridicamente vincolante, prevedendo l’adesione dell’UE alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, che prevede espressamente all’articolo 14 un divieto generale di discriminazione. L’Unione Europea ha continuato a muoversi negli anni nella lotta contro le discriminazioni adottando, per citare solo le più importanti, la direttiva 2000/43 sull’uguaglianza razziale e la direttiva 2000/78 sulla parità di trattamento in materia di occupazione, oltre alla vasta giurisprudenza prodotta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di non discriminazione.
Includere e accogliere le diversità apporta anche significativi benefici all’azienda per quanto riguarda la sfera People&Culture.
In termini di engagement del personale creare un ambiente protetto, in cui le persone si sentano a loro agio nel presentarsi per quello che realmente sono, contribuisce a renderle più partecipi e attive nello sviluppo dell’organizzazione. Inoltre, in ottica innovativa e creativa, persone che presentano background culturali, di esperienza e di formazione diversi porteranno sul piano organizzativo approcci differenti (talvolta addirittura divergenti!) alle situazioni, così come diverse modalità di analisi e di risoluzione di problemi, creando una varietà interna di punti di vista che, ridefinendo il funzionamento dell’organizzazione, al contempo la arricchisce enormemente.
Negli ultimi anni è stato osservato come le nuove generazioni siano molto più esigenti delle precedenti nel richiedere attenzione alle imprese rispetto a tematiche di sostenibilità e inclusione e quanto questo sia fondamentale perché avvertano e sviluppino un concreto senso di belonging nei confronti dell’organizzazione; l’impegno che viene richiesto, tuttavia, dev’essere supportato e provato da azioni concrete che manifestino una chiara volontà di cambiamento da parte delle aziende, e non una mera attività di pink/green/rainbow washing (ovvero la pratica strategica di inserire all’interno della comunicazione aziendale parole, immagini e messaggi volti a trasmettere un impegno sociale non sostenuto da progetti effettivamente messi in campo dall’impresa). Per questo motivo, è importante avere (e manifestare all’esterno) coerenza e trasparenza rispetto ai propri obiettivi in tema sostenibilità e D&I, in ottica di attrarre e trattenere i migliori talenti e di promuovere la reputation del proprio business.
Ultima, ma non per importanza, la possibilità che dotarsi di strumenti quali codice etico e policy inclusive dà di aprirsi ai mercati globali, ampliando la propria visione.
Come promuovere un cambiamento organizzativo che vada nella direzione di rendere un’azienda inclusiva?
Cosa serve quindi per adottare misure capaci di avere un impatto? In primo luogo, è fondamentale adottare un approccio trasformativo nei confronti dell’azienda, mirando ad agire sulle persone che ne fanno parte e sull’implementazione della cultura aziendale, ma anche e soprattutto sulle strutture organizzative interne. Di pari passo, molto importante risulta strutturare un progetto e una strategia, definendo tempi e modi in base agli obiettivi e alle specifiche esigenze aziendali su cui si vuole andare ad operare, cercando di individuare (se presenti) quali siano i nodi interni da sciogliere che possano ostacolare questo percorso.
Per trasformare un’organizzazione in ottica di equity e di inclusione delle diversità è quindi necessario che coesistano più dimensioni: sicuramente in una prima fase è fondamentale individuare le persone con ruoli chiave all’interno dell’azienda, dotate di potere decisionale rispetto all’implementazione di progetti e programmi (solitamente, si tratta di chi ricopre ruoli di top e middle management) e identificare eventuali resistenze che possono esistere. Congiuntamente e successivamente a questa prima fase di analisi e di valutazione di cambiamento organizzativo, chi va a promuovere questo tipo di iniziativa va a proporre una pianificazione strategica di come introdurre tali cambiamenti a livello aziendale. A questo punto, risulta assolutamente necessario e fondamentale coinvolgere player a tutti i livelli dell’organizzazione in qualità di alleat* e “ambassador” della mission del progetto, garantendo loro formazione specifica, supporto e confronto in caso di necessità.
Che strumenti utilizzare per fare in modo che tutte le persone si sentano accolte e a loro agio nell’esprimere la loro identità nei nostri luoghi di lavoro?
Per promuovere un cambiamento nella cultura aziendale, è fondamentale agire tramite modalità e processi che si sviluppino bottom-up, ovvero che partano dal coinvolgimento delle persone direttamente interessate nella negoziazione e nella definizione dei dettagli e dei contenuti. Come si anticipava in precedenza, avere un approccio aperto e finalizzato a raccogliere le informazioni e identificare i bisogni della realtà organizzativa che si prende in analisi è orientato anche a comprendere la struttura e i flussi decisionali della stessa, rendendo così più funzionale ed efficace definire i temi prioritari su cui andare a lavorare, stabilire quali siano gli obiettivi e i risultati attesi, pianificare delle azioni strategiche per raggiungerli e dei parametri per poterne monitorare l’impatto effettivo, sia a livello quantitativo (introducendo, ad esempio, dei KPI specifici), sia per quanto riguarda il percepito dalla popolazione aziendale. Ciò che è importante tenere a mente, come grande cappello sotto cui racchiudere tutte le policy e le azioni che vanno nella direzione di rendere un’azienda più inclusiva e accessibile (che possono essere modulate a seconda delle specificità di ogni contesto), è la motivazione per cui tutte queste pratiche vengono progettate e implementate: valorizzare le diversità, mantenendole e mettendo in luce l’unicità di ogni persona con tutte le sue caratteristiche, senza appiattirle schiacciandole e ingabbiandole in stereotipi. All’interno dei contesti organizzativi questo può essere svolto su più livelli, lavorando contemporaneamente sull’awareness del personale rispetto a comportamenti realmente inclusivi, sulla previsione di percorsi di crescita personalizzati per ogni persona, favorendo e incentivando una contaminazione positiva e reciproca tra tutte le persone che fanno parte dell’azienda.
Maria Cristina Zappi
Team Partner Veneto
Manager a Tempo® | HR