Non c’è più un’azienda che non comunichi attraverso i canali digitali, considerando questo termine nella sua accezione più ampia.
Molte aziende addirittura sono entrate in una fase di autocritica: “Questo strumento non funziona!”, “Questo canale funziona per altri, non per me!”
Lo vedo e lo sento in molte PMI: c’è un effetto moda che non si può evitare. Si finisce per aprire almeno una pagina Facebook ed avere un sito mobile friendly. Si finisce per
trarre diverse conclusioni abbastanza rapidamente. Incanto e disincanto: un ciclo rapido, troppo rapido.
Sia che la gestione della rivoluzione digitale sia in mano ad un ufficio interno all’azienda, sia che si tratti di un’agenzia esterna, l’azione sembra fagocitare la strategia.
Con questa riflessione non voglio certo dire che i tempi della strategia debbano essere eccessivamente lunghi o che non si dovrebbe aver premura di iniziare con decisione a fare comunicazione digitale.
Penso, però, che senza un corretto brand positioning che porti ad un’analisi del destinatario (target personas), dei canali comunicativi e dei segmenti di pubblico, del messaggio che si vuole trasmettere (value proposition), della valorizzazione che si intende attribuire ai propri messaggi, tutto rischi di essere estremamente fluttuante, liquido, passeggero.
Ciò che sto dicendo, soprattutto per gli addetti ai lavori, è abbastanza banale, quasi scontato, se non fosse che limitandosi a dirlo talvolta si evita di farlo. Voglio, però, insistere su un aspetto che non mi sembra sia tematizzato sufficientemente: la comunicazione e il marketing digitale non sono semplicemente l’appendice di un processo aziendale già esistente, sono un nuovo processo aziendale.
Ovvero, decidere di comunicare digitalmente implica una serie di temi che prima non esistevano all’interno dell’azienda: approvvigionamento dei contenuti, creazione di contenuti digital-friendly, comprensione di logiche e psico-logiche diverse da quelle della comunicazione commerciale tradizionale, passaggi e scambi di informazione…
Tali temi implicano, a loro volta, procedure organizzative per poter diventare parte della vita stessa dell’azienda. Non è nulla di nuovo per un imprenditore che ha deciso ad un certo punto della vita della sua azienda di aprirsi all’export creando un’unità aziendale deputata, o che ha deciso di creare un ufficio per il controllo di gestione.
A cambiare non è solo la superficie. Solo creando un’organizzazione progettata in base all’obiettivo, sarà possibile rendere pratico e vincente quell’obiettivo. Quello che vediamo alla superficie è frutto di un’organizzazione profonda che, anche quando non si vede, agisce.
La rivoluzione della comunicazione digitale non può prescindere da una rivoluzione organizzativa fatta di processi nuovi e di modalità nuove di lavoro. Senza questo passaggio, la riuscita o meno della digital strategy è puramente casuale: il fallimento di un canale o di tutta la strategia potrebbe dipendere da una cattiva organizzazione del flusso di lavoro.
Nella vostra azienda avete inserito nuovi strumenti di marketing? E, se lo avete fatto, avete anche modificato l’organizzazione di fondo del processo comunicativo?
Nicolò Fazioni
Temporary Manager Professionista in Marketing & Comunicazione
Digital Marketing | Strategia Aziendale | Comunicazione interna ed interpersonale
PHD – dottore di ricerca | Docente Universitario
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